Nel 1932, al secondo piano di quel complesso della via Tiburtina scoperto nel corso dei lavori stradali che interessarono, negli anni ’20 del Novecento, l'allora viale Regina Margherita (oggi Regina Elena), si rinvenne un sepolcro decorato da un’epigrafe dipinta in minio (NOVATIANO BEATISSIMO MARTURI GAUDENTIUS DIAC(onus) FE(cit)), che ha dato luogo a una serrata discussione, la cosiddetta "questione novazianea". È difficile, infatti, stabilire se l’iscrizione debba riferirsi all’antipapa, martirizzato al tempo dell’imperatore Valeriano (257-258) o a quel martire romano, citato anche nel Martirologio Geronimiano, senza più culto ufficiale nel VI secolo, come desunto dal “silenzio” degli Itinerari.

Per quanto concerne l’aspetto monumentale, la catacomba comprende due livelli, di cui il superiore spogliato e quasi del tutto distrutto. Ben conservato, al contrario, è il secondo piano, con gallerie intatte e cubicoli, tra cui spicca quello di Tulliano, collocato in fondo alla galleria del martire, che ha restituito ben quattro sarcofagi, alcuni dei quali decorati con scene ispirate all’Antico e al Nuovo Testamento.